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Scheda Film: This Must Be the Place

This Must Be the Place



This Must Be the Place

Titolo Originale: This Must Be the Place
Nazione: Italia
Anno: 2011
Genere: Drammatico
Durata: 118'
Regia: Paolo Sorrentino
Sito ufficiale:

Cast: Sean Penn, Frances McDormand, Tom Archdeacon, Shea Whigham, Seth Adki

Produzione: Indigo Film, Lucky Red, Medusa Film
Distribuzione: Medusa
Data di uscita: 14 Ottobre 2011 (cinema)


Trailer: Trailer

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Cheyenne, ebreo, cinquantenne, ex rock star di musica goth, rossetto rosso e cerone bianco, conduce una vita più che benestante a Dublino. Trafitto da una noia che tende, talora, ad interpretare come leggera depressione. La sua è una vita da pensionato prima di aver raggiunto l'età della pensione. La morte del padre, con il quale aveva da tempo interrotto i rapporti, lo riporta a New York. Qui, attraverso la lettura di alcuni diari, mette a fuoco la vita del padre negli ultimi trent'anni. Anni dedicati a cercare ossessivamente un criminale nazista rifugiatosi negli Stati Uniti. Accompagnato da un'inesorabile lentezza e da nessuna dote da investigatore, Cheyenne decide, contro ogni logica, di proseguire le ricerche del padre e, dunque, di mettersi alla ricerca, attraverso gli Stati Uniti, di un novantenne tedesco probabilmente morto di vecchiaia.



Non è cresciuto Cheyenne, rockstar cinquantenne un tempo famosa, che vive, in equilibrio su una depressione sempre vigile, in una magione nei dintorni di Dublino, accanto alla solida e affettuosa moglie Jane. Cheyenne ogni mattina si alza e si trucca come per un concerto, creando una maschera esagerata che lo nasconde come una coperta di Linus e proteggendosi dietro una vocetta sottile, lenta e infantile come una nenia. Si tira appresso sempre qualcosa Cheyenne: un trolley, un carrello della spesa: àncore per tenerlo saldo, lui novello Peter Pan, ma anche univei di realtà e situazioni irrisolte. Cheyenne, una mattina, dopo aver appreso della grave malattia del padre, decide di ritornare a New York, per incontrai, dopo anni, con il genitore. Che troverà già morto e di cui scoprirà un’ossessione: scovare il nazista che, in campo di concentramento, lo aveva umiliato. Cheyenne si troverà invischiato in questa ossessione, che farà sua, in un tentativo di riconciliai col padre e con se stesso – anche se ancora non lo sa.
Paolo Sorrentino si trasferisce negli States, per il suo primo film in lingua inglese. Un film sostenuto da più parti e molto atteso, sbarcato a Cannes in concoo con star di prima grandezza, quali Sean Penn, assoluto protagonista, Judd Hich, Frances McDormand, Harry Dean Stanton.
Con Umberto Contarello, che con lui collabora alla sceneggiatura, Sorrentino ritrova la sua vena più intimista, che scava nell’uomo per parlare di ciò che ci circonda e ci trasmette l’innamoramento per l’America, per i suoi paesaggi, che sono cinema, per gli interni, soprattutto, per le peone. Da New York al Michigan al New Mexico allo Utah, This Must Be the Place è un vero road movie, che, come tutti i road movie, è una metafora della scoperta di se stessi e degli altri, seguendo una crescita anagrafica mai accettata, perché Cheyenne è un uomo rimasto bambino, che ancora attende risposte, ancora sa incantai e vive in un mondo suo, in cui spazio e tempo sono differenti. La figura della rockstar tratteggiata da Sorrentino, e resa viva da Penn, riesce a non essere mai grottesca, a essere credibile, a portare con sé fragilità, dolcezza, seibilità esacerbata, perché Cheyenne è creta molle sfregiata dalle parole e dagli sguardi altrui, che evita ma che, d’altro canto, desidera. Il paragone con la creatura di Tim Burton, Edward Mani di Forbice, non è avventato: le movenze, la gestualità, le fragilità di Edward le ritroviamo in Cheyenne. Se tutto è visivamente impeccabile (la fotografia è di Luca Bigazzi), se le musiche sono, come sempre, parte integrante dell’opera di Sorrentino (qui Will Oldham e David Byrne, anche in un cammeo – un brano dei Talking Heads dà il titolo al film), ciò che rende This Must Be the Place non del tutto riuscito, è una fondamentale disomogeneità nella narrazione, che procede a balzi, assommando situazioni al limite, peonaggi incontrati e abbandonati troppo in fretta, in una bulimia di scene e situazioni che non riesce sempre a risolvei.

La frase:
La paura dell’aereo non è il tuo unico problema.
a cura di Donata Ferrario

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